Il 9 febbraio prossimo saremo chiamati a votare sull’iniziativa popolare «più abitazioni a prezzi accessibili» promossa da ambienti di sinistra. L’iniziativa chiede che almeno il 10% degli edifici di nuova edificazione appartenga a committenti di utilità pubblica e quindi di fatto sia a carico dei contribuenti. L’iniziativa non fa distinzione tra regioni – o tra città e campagna – con più o meno carenza di alloggi sociali e mischia abilmente il tema degli alloggi sociali (a pigione moderata, di fatto politica) con il problema degli affitti alti in alcune città svizzere.
Il Parlamento ha preso a cuore la tematica e ha elaborato un controprogetto molto concreto e immediatamente attuabile. La disponibilità di alloggi a pigione moderata è una necessità, ma solo in alcune regioni vi è una carenza comprovata. Al contrario dell’iniziativa che propone un approccio estremo, costoso e dirigista, le Camere federali hanno elaborato un controprogetto indiretto utile a trovare soluzioni laddove la carenza e la relativa necessità di investire sono reali. Il controprogetto prevede ulteriori 250 milioni per i prossimi 10 anni destinati al fondo che sostiene la costruzione di abitazioni di pubblica utilità; i soldi non mancano. Questa misura eccezionale vedrà tuttavia la luce solo se l’iniziativa sarà respinta. Un NO è assolutamente indispensabile.
L’iniziativa va respinta anche perché assolutamente irrispettosa delle differenze regionali nel nostro Paese. La quota fissa del 10% è troppo rigida, molti Cantoni e Comuni dovrebbero mettere a disposizione alloggi sociali anche laddove non vi è domanda, caricando i relativi costi sulla comunità.
Un’accettazione dell’iniziativa metterebbe in grande difficoltà i Cantoni, che hanno proprie strategie a dipendenza della situazione locale, ma soprattutto i Comuni che si vedrebbero fortemente limitati nell’autonomia. Perché obbligare la costruzione di nuovi immobili (con relativo sperpero di prezioso territorio), quando l’offerta è già estesa e lo sfitto alto? Sappiamo tutti quanti appartamenti sfitti ci sono nelle città ticinesi. Non è costruendo nuovi alloggi sociali che si ridurranno gli affitti. Il rincaro di quest’ultimi non è assolutamente frenato dalla disponibilità di alloggi a pigione moderata. Vari progetti lanciati negli anni ’90 hanno generato perdite per 777 milioni di franchi alla Confederazione, senza influire in alcun modo sui prezzi del mercato immobiliare.
L’attuale situazione congiunturale impone una riduzione degli affitti. La dinamica è in corso, anche in Ticino, e lo confermano le cifre della statistica ufficiale. Gli alloggi sociali e a pigione moderata sono una necessità, ma vanno costruiti in maniera mirata. In Leventina e in valle di Muggio sarebbero assurdi e non servono. L’approccio antifederalista dell’iniziativa sa di “economia pianificata”, assolutamente lontana dalle reali esigenze delle fasce deboli della popolazione. Un NO il 9 febbraio genererà dinamiche utili a chi è in difficoltà; un’accettazione dell’iniziativa solo ulteriori costi e burocrazia.
Opinione pubblicata su La Regione, 17.01.2020