Due nuove specie di pesci predatori “Saurichthys” sono state scoperte sul Monte San Giorgio, nelle scorse settimane, dai paleontologi dell’Università di Zurigo. La scoperta di queste specie, che risalgono a 242 milioni d’anni fa, è un invito alla società ticinese a valorizzare l’attività piscicola nel nostro Cantone. Se gli accademici scoprono infatti nuovi pesci del passato, ai nostri giorni ci sono altri pesci che, anno dopo anno, si fanno inesorabilmente più rari nei nostri laghi e fiumi, a cominciare dalla trota lacustre. Da un secolo la Federazione ticinese per l’acquicoltura e la pesca (FTAP) è in prima fila nel promuovere una coscienza ecologica nei confronti dei vari corpi idrici. La sua è un’attività illuminata nella promozione della pesca come sport, hobby, distensione, contatto con l’ambiente, facendone un’autentica passione di massa.
I politici federali e cantonali devono in questo senso intensificare il loro dialogo con il mondo della pesca, lavorando insieme per una più efficace protezione dell’ambiente. La situazione dei nostri laghi e fiumi, senza dimenticare i laghetti alpini che offrono situazioni variegate, è per tanti diventata difficilmente sostenibile e molto fluttuante di anno in anno. Basti pensare che dal 1996 al 2011 le catture in termini assoluti lungo il fiume Ticino, in particolare nella tratta tra Biasca e la foce, sono complessivamente calate del 70%. Un crollo dovuto certamente al numero ridotto di pescatori e alle conseguenti minori ore di pesca, ma anche a ragioni ben più profonde e radicate, a cominciare dal mancato rispetto dei deflussi minimi causato dallo sfruttamento idroelettrico, dagli inquinamenti, dai cambiamenti climatici e dagli interventi dell’uomo. Anche la Maggia sta vivendo un drastico calo delle catture, situazione in fase di analisi da parte di specialisti. Da qui la necessità di concedere ai pescatori un più ampio margine di manovra, che non si limiti al solo intervento di denuncia delle situazioni più gravi.
Un esempio concreto che domanda una più intensa collaborazione tra istituzioni e pescatori è la questione della piene del Lago Maggiore, strettamente connessa con quella dei livelli estivi e invernali del lago e dei deflussi minimi a valle di Sesto Calende. Da parte Svizzera si vorrebbe potenziare la diga della Miorina per gestire meglio le situazioni di acqua alta, che minacciano in particolare il quartiere dei Saleggi a Locarno. Ma la complessa materia è regolata, almeno in parte, anche da accordi italo-svizzeri e Berna va maggiormente coinvolta nelle decisioni che concernono la gestione delle piene mentre, sul versante opposto, si osserva che esiste un problema di esondazioni anche a valle del Verbano. Auspico, da parte mia, che sulla tematica si attivi finalmente un gruppo di lavoro italo-svizzero incaricato di aggiornare i criteri in vigore. Queste trattative dovranno naturalmente coinvolgere i pescatori di casa nostra, che sono i custodi delle acque pulite, dei deflussi minimi, della fauna ittica integra, dell’habitat equilibrato e sostenibile.
Opinione pubblicata su Giornale del Popolo, 02.10.2015