Dopo il Consiglio nazionale, tocca oggi al Consiglio degli Stati discutere l’iniziativa popolare dell’Udc a favore delle famiglie, intitolata “sgravi fiscali anche per i genitori che accudiscono personalmente i propri bambini”. Lo scorso mese di aprile – con 109 voti contrari, 74 favorevoli e 6 astenuti – la Camera del popolo respinse la proposta, raccomandando a Popolo e Cantoni di non accettarla in votazione popolare. Cittadine e cittadini saranno chiamati alle urne il prossimo anno. La competente commissione degli Stati è allineata – ahimè – al Nazionale e raccomanda al plenum di respingere l’iniziativa. Il dibattito sarà acceso.Riconosco che da un punto di vista prettamente giuridico e di sistematica fiscale l’iniziativa presenta una pecca perché propone di concedere uno sgravio su di un reddito materialmente non generato. Madri o padri che si occupano direttamente dei figli e della famiglia, senza esercitare una professione, non ricevono infatti un salario per il loro impegno. Ma come si può negare che questo impegno rappresenti un elemento centrale per lo sviluppo della nostra società?
Il “lavoro di casa” e “l’impegno per la famiglia e per i figli” devono essere riconosciuti e compensati fiscalmente, alla pari di deduzioni e sgravi concessi a chi sceglie, più o meno liberamente, di affidare la cura dei propri figli a terzi. Il riconoscimento fiscale dei costi generati dall’accudimento dei figli a casa è già oggi garantito in alcuni sistemi fiscali cantonali, grazie a proposte del Ppd, ad esempio nei Cantoni di Lucerna, Vallese e Zugo.
Purtroppo il dibattito attorno a questa iniziativa riaccende lo scontro tra i vari modelli di organizzazione familiare presenti nella nostra società. Il dibattito è ridotto a visioni stereotipate della società, echeggiano in sala e nei commenti espressioni riduttive come “donne ai fornelli” e “donne in carriera”. Si dimenticano tuttavia totalmente le situazioni sociali e finanziarie contingenti delle singole realtà familiari. Si dimentica il principio della libera scelta. Taluni devono assolutamente lavorare per completare il reddito familiare. Altri, desiderano realizzarsi in una professione o semplicemente applicare quanto acquisito nella propria formazione. Non è corretto generalizzare le singole situazioni e soprattutto è pericoloso contrapporle. La Svizzera ha bisogno di famiglie e di figli. I dati demografici sono preoccupanti. In particolare si registra una crescita del numero di economie domestiche formate da una sola persona e da coppie senza figli. Le coppie con uno o più figli diminuiscono costantemente.
Dobbiamo focalizzare l’attenzione sulla famiglia in senso esteso e prendere decisioni che garantiscano il futuro della Svizzera. Il dibattito non può essere ridotto al confronto/scontro, per lo più fondato esclusivamente su di un approccio ideologico, tra i vari modelli di famiglia.
Personalmente sosterrò a spada tratta l’iniziativa popolare dell’Udc sia in un’ottica di molteplicità delle tipologie di famiglie sia in difesa del modello tradizionale di famiglia. Chi sceglie di accudire e crescere personalmente i propri figli, rinunciando a un reddito, merita considerazione; anche da un punto di vista fiscale.
Opinione pubblicata su La Regione Ticino, 19.06.2013