Fino al punto da mettere in crisi anche posizioni solitamente molto libertarie tipiche di una certa sinistra, che oggi appare divisa su questo tema.Finalmente, dunque, se ne parla, grazie alla presa di posizione della Conferenza episcopale svizzera e grazie alla nascita, a sud delle Alpi, di un gruppo spontaneo di medici e giuristi contrari alla revisione costituzionale.
La posta in gioco è la seguente: vogliamo che in Svizzera si apra la porta ad analisi scientifiche sugli embrioni fecondati in vitro, con possibilità di scartare quelli che presentano una certa probabilità di sviluppare malattie genetiche? Vogliamo aumentare il numero di embrioni fecondati per ogni inseminazione, con la possibilità di congelare per altri usi (o di distruggerli) quelli non trapiantati nell’utero della madre?
È innegabile: siamo al cuore del valore che diamo alla vita, a ogni vita, fin da concepimento. Chiaramente, è lecito per ciascuno di noi desiderare dei figli. E dei figli sani. Ma qui non si tratta di desideri, ma di introdurre nella Costituzione le base legale affinché in un laboratorio si sancisca quale embrione ha diritto di svilupparsi e quale no. Sottolineo, il diritto ad avere dei figli e dei figli sani. Il diritto (o la presunzione scientifica) ad essere sani. Con un chiaro giudizio sull’esistenza di chi sano purtroppo non è o non è più. Dando facoltà alla scienza di scegliere quale vita debba poter esistere e quale deve essere scartata.
Aprendo la porta a un pericoloso piano in discesa, che presto vedrà, una volta detto il «sì» iniziale, andare verso altre tappe. Ad esempio creando embrioni destinati ad essere sacrificati per salvare la vita a un’altra vita. Uccido te per poter star bene io. In Parlamento queste ipotesi non hanno tardato a far capolino, allargando già in questa occasione i limiti in origine più ristretti proposti dal Consiglio Federale.
Non c’è dunque da stupirsi se i giuristi e i medici si siano mossi. Vale a dire quelle categorie di persone che sono in prima linea nel definire il quadro normativo della nostra società e quelle che quotidianamente si confrontano con la malattia, con la fragilità umana, con esistenze che secondo i parametri della diagnosi preimpianto non dovrebbero nascere. Professionisti che fra l’altro hanno dimostrato l’impossibilità che le tecniche di diagnosi possano davvero impedire il sorgere di queste malattie.
Ora abbiamo un mese per portare questo dibattito in tutta la società. Sono infatti convinto che più se ne parlerà, più le persone capiranno la posta in gioco, più crescerà la quota di chi non vuole che la Svizzera compia questo triste salto nel buio.
Da Giornale del Popolo, 12.05.2015