Personalmente sostengo, con la maggioranza del Gruppo del Centro, questa iniziativa popolare e sono favorevole all’introduzione di un divieto nazionale di dissimulare il viso. Gli argomenti politici a favore dell’iniziativa superano di gran lunga i limiti giuridici del testo proposto. Siamo una società aperta e liberale, rispettosa della diversità e delle libere interazioni sociali. Le regole fondamentali su cui poggiano le nostre culture e il nostro vivere comune nella pluralità elvetica di fondano sulla libertà, la responsabilità, il rispetto e l’autodeterminazione di tutte le componenti del tessuto sociale. In Svizzera non si maschera il proprio viso né nei confronti delle autorità né tantomeno nelle relazioni quotidiane. Non lo si fa né autonomamente (penso ad esempio durante manifestazioni) salvo eccezioni giustificate dalla legge e da tradizioni, né tantomeno si può accettare che qualcuno sia costretto a coprirsi il viso in pubblico (penso al burqua e al niqab). Il contatto visivo è essenziale nelle interazioni sociali. Ogni forzatura a riguardo è intollerabile, soprattutto quando imposta da valori culturali e religiosi che subordinano un genere all’altro. In Svizzera non si portano né il burqa né il niqab: assolutamente intollerabili quando obbligati, non graditi anche quando scelti liberamente. L’argomento della conversione all’Islam di cittadine svizzere è inconsistente: il porto di questi capi non è una condizione essenziale.
Se analizziamo l’iniziativa da un punto di vista della politica di sicurezza (il mascheramento in occasione di manifestazioni pubbliche, spesso che degenerano in violenza gratuita) emerge come questa abbia una pecca perché non rispetta il federalismo in questa materia. Le competenze in materia di polizia e ordine pubblico sono cantonali e per questo motivo l’applicazione dell’iniziativa, soprattutto nei confronti di turisti di religione islamica e di comportamenti negli spazi pubblici, andrà ampiamente lasciata ai Cantoni e ai Comuni garantendo flessibilità e proporzionalità. Quanto in vigore in Ticino da quasi 5 anni – dopo l’approvazione di un’iniziativa popolare che ha sancito il divieto di dissimulare il viso a livello costituzionale nel 2013 – mostra come si possa realizzare il disposto in maniera pragmatica, senza creare problemi al settore turistico e, all’ordine pubblico e sociale.
Fondamentale a mio giudizio resta comunque la valenza sociale e culturale di questa iniziativa. Purtroppo, gli iniziativisti medesimi sottovalutano eccessivamente questi argomenti, che ha mio giudizio sono quelli che devono portare le cittadine e i cittadini del nostro Paese ad approvare il testo proposto. La libertà individuale, il rispetto, la dignità e la parità tra i sessi passano anche da disposizioni generali: dissimulare il viso o costringere un genere a farlo contravviene all’ordine sociale vigente elvetico, tanto oggi quanto negli anni futuri. Si tratta di una discriminazione verso una componente essenziale della società, a cui – con l’obbligo di portare un capo in pubblico – non sono dati i medesimi diritti. La protezione delle donne e il rispetto tra i generi passano anche da questi aspetti culturali.
Il porto di burka o niqab è, cito il messaggio del Consiglio federale, “l’espressione di correnti fondamentaliste dell’Islam e di un rifiuto di integrarsi e non corrisponde ai valori di apertura e di scambio difesi dalla nostra democrazia”.
Non si tratta, è vero, di un fenomeno diffuso nel nostro Paese, ma questo non significa che non debba essere chiaramente statuito nella nostra Costituzione un divieto di vivere portando questi simboli di sottomissione, rispettivamente, peggio ancora, essere obbligate a viverci, o meglio conviverci. Sono costrizioni sociali che non sono e non devono divenire parte della nostra società. La Costituzione è il luogo corretto per esprimere questo principio.
Intervento tenuto questa mattina in Consiglio nazionale, 17.06.2020