Il salario minimo a 4’000 franchi, per ogni categoria professionale in ogni angolo della Svizzera, è in queste settimane proposto quale soluzione a tutti i mali che affliggono il mondo del lavoro. L’iniziativa popolare al voto il prossimo 18 maggio è una proposta tanto ideologica quanto specchietto per le allodole. Personalmente sono contrario. I presunti benefici sono nettamente inferiori ai rischi e alle conseguenze di un’accettazione. È’ una proposta allettante e solidale che tuttavia crea conseguenze dannose. I progetti politici sono da valutare per gli effetti che creano e non solo per le intenzioni promesse dai proponenti. In questo testo focalizzo soprattutto su chi oggi vive il disagio della disoccupazione, in maniera particolare i giovani e gli over cinquanta. Due fasce di età colpite proporzionalmente in misura maggiore dall’esclusione dal mondo del lavoro. Chi perché è “troppo giovane e senza esperienza” e chi, più in là negli anni, perché è “troppo anziano e quindi sostituibile con una persona più giovane, magari straniera”. Un dramma personale e sociale, spesso lungo. Le difficoltà nel trovare o ritrovare una collocazione sono grandi e il rischio di cadere nei vortici dell’assistenza è reale. Si tratta di una realtà presente, da non sottacere e alla quale sia la politica sia l’economia devono dare delle risposte concrete. I progetti non mancano, ma non sono ancora sufficienti. Serve un approccio puntuale, caso per caso, affinché queste due categorie di disoccupati possano essere re-inserite nel mondo del lavoro. Lo Stato può e deve impegnarsi maggiormente. Gli imprenditori devono mostrare maggiore responsabilità.
Il salario minimo proposto rappresenterebbe una vera e propria beffa nei confronti di queste due categorie. Il minimo di 4’000 franchi (nettamente superiore ai minimi vigenti in Paesi paragonabili alla Svizzera e quindi calamita di immigrazione) isolerebbe ancora di più gli under 30 e gli over 50 senza lavoro. Un tale salario non permetterà a nessun disoccupato di trovare un lavoro e, anzi, rischia di aumentare le difficoltà per chi entra nel mondo del lavoro senza esperienza o chi si trova nell’ultima fase della “vita lavorativa”. Obbligati a garantire un minino di 4’000 franchi, i datori di lavoro focalizzeranno subito ed esclusivamente sulla produttività, sulla formazione, sulle qualifiche e sull’esperienza. Chi ha una minima pecca, perché troppo giovane o troppo “vecchio”, sarà marginalizzato. Gli esempi nei Paesi attorno alla Svizzera non mancano. In Francia, ad esempio, l’introduzione di un salario minimo ha portato ad un’ampia diffusione di forme contrattuali che precarizzano il lavoratore, come ad esempio il lavoro su chiamata, il lavoro a tempo parziale o il lavoro a tempo determinato.
Se il datore di lavoro sarà obbligato a versare da subito 4’000 franchi al giovane senza esperienza in cerca di lavoro preferirà profili con maggiore esperienza. Nel contempo il cinquantenne o sessantenne sarà sostituito da una persona più giovane, con una formazione più recente e meno costoso. Questo fenomeno prolifererà soprattutto nelle regioni periferiche e strutturalmente deboli. Giovani e meno giovani disoccupati non saranno assunti poiché si preferirà il frontaliere o lo straniero residente.
Al contrario di quanto proclamato dai favorevoli all’iniziativa, il salario minimo nazionale acuirà il problema della disoccupazione. Servono salari dignitosi. I salari minimi possono e devono essere fissati per categoria e per regione; specialmente quando si riscontrano abusi. Il salario minimo a 4’000 franchi sopprime posti di lavoro, posti per praticanti e a tempo parziale per le giovani generazioni. È un approccio sbagliato perché dimentica, anzi prevarica, le varie categorie professionali, le differenti regioni, la formazione e il dialogo tra le parti sociali.