Buon 1° agosto!
È noto anche al di fuori dei confini comunali che l’attaccamento dei cittadini di Coldrerio al proprio Comune è presente, forte e radicato. Vivete intensamente il vostro Comune, lo apprezzate, lo gestite con passione e vi impegnate per costruirne il futuro. Non solo nelle istituzioni politiche, ma anche e soprattutto nelle numerose associazioni, nelle tradizioni e in occasione delle festività che animano la vita locale. Amate Coldrerio e credete in Coldrerio. Tutto quanto fate durante l’anno e la vostra presenza questa sera ne sono una viva testimonianza. Questa realtà – così positiva da non dover passare in secondo piano – è caratteristica di numerose località svizzere, comune a un gran numero di nostri concittadini.Noi siamo fieramente Svizzeri, orgogliosamente ticinesi, ma anche e soprattutto cittadini della comunità in cui viviamo (spesso in cui siamo anche cresciuti). È l’essenza stessa del nostro federalismo elvetico che crede nelle capacità e nelle forze locali, rispettando e valorizzando le singole realtà.
Non penso solo a Coldrerio; negli ultimi anni tutto il Mendrisiotto ha vissuto un’evoluzione della propria organizzazione istituzionale per il tramite di aggregazioni e di collaborazioni intercomunali. È cambiato qualcosa a livello identitario? Non credo proprio. Per volontà e condivisione popolare è mutata la geografia dei Comuni, ma nella sostanza si è conservata la nostra identità locale e il nostro attaccamento alla regione, al Mendrisiotto, partendo dal proprio Comune o dal proprio “già Comune”, ora quartiere.
Si conferma quindi la validità del modello svizzero: vincente da oltre 700 anni. Non penso solo all’organizzazione federalista e partecipativa del nostro Stato, ma penso anche alle idee e ai valori, alle radici, che contraddistinguono la nostra collettività, sin da quel lontano 1° agosto 1291 in cui gli abitanti di Uri, Svitto e Untervaldo siglarono un contratto di aiuto e di protezione mutuale, il “Patto federale”, che successivamente venne considerato come l’atto di fondazione della Svizzera.
Viviamo in un’epoca in cui tutto tende a divenire relativo e a mutare a una velocità crescente; in un sistema in cui tutto dove essere globale, sovralocale, centralizzato, coordinato e standardizzato; in una fase storica dove comunque si manifestano grandi difficoltà nel voler organizzare e gestire ogni cosa al livello più alto possibile (cfr. UE).
Fermiamoci un momento, pensiamo al modello svizzero, confrontiamolo ad altre realtà. Signore e signori, in occasione della nostra festa nazionale, io mi permetto di affermare fiero e orgoglioso, sperando di trovare in voi almeno parziale condivisione, che la Svizzera è oggi un Paese, un modello, unico ed eccezionale.
La grande pressione degli Stati che ci circondano è dovuta anche a questo motivo, oltre che ai loro problemi interni, spesso malgrado le premesse basilari per il funzionamento di uno Stato siano meno complesse rispetto alla Svizzera. Ma come può uno Stato così eterogeneo come la Svizzera (differenti lingue, culture, realtà geografiche, economiche e sociali) stare insieme ed essere vincente da oltre 700 anni? Si possono cercare vari approcci e unire vari elementi. Personalmente desidero mettere in evidenza qualcosa che assolutamente non dobbiamo trascurare.
Oggi forse, responsabilità, compromesso, mediazione, sussidiarietà, federalismo, iniziativa privata, solidarietà, partecipazione e rispetto echeggiano come concetti astratti. Sembrano termini generali, senza un significato pratico, ma nella vita quotidiana della Svizzera e della maggioranza degli svizzeri sono elementi presenti e ben radicati. Sono principi che hanno fatto la storia della Svizzera. Sono idee e valori su cui si basa il nostro vivere insieme: dalla famiglia alla società civile, senza dimenticare le istituzioni e il mondo del lavoro. Sono guide per l’agire quotidiano di ognuno di noi. Sono elementi di un’identità nazionale che si costruisce dal legame e dall’impegno delle cittadine e dei cittadini verso la comunità in cui vivono.
Mi direte che questi principi non permettono di fare la spesa, di risolvere i nostri problemi di mobilità e non creano posti di lavoro per i nostri disoccupati. Certo che no, sono principi, ma nella vita quotidiana di tutti noi – nessuno può sottrarsi – permettono di avere un approccio, un modo di agire, comportamenti che hanno conseguenze positive sulla comunità e il benessere generale.
La Svizzera è un modello vincente, dicevo, che per essere tramandato alle future generazioni richiede l’impegno di tutti noi. In occasione della festa nazionale è fondamentale capire ed affermare che saremo tanto capaci di conservare quanto acquisito fino ad oggi (e non è poco), quanto presteremo attenzione alla nostra comunità locale e alle conseguenze dei comportamenti di ognuno di noi sulla realtà in cui viviamo. Partendo dal “piccolo” si costruisce il “grande”. Ogni struttura solida poggia su fondamenta forti e resistenti.
La Svizzera poggia sulla sua storia, sulla sua struttura federalista, sui suoi valori e sulla sua democrazia partecipativa che sono state in grado di garantire nei secoli equilibrio, neutralità e resistenza. La Svizzera poggia sui suoi Cantoni e i Cantoni poggiano sui loro Comuni. Ma tutto si fonda su di noi, cittadine e cittadini, con il nostro impegno, il nostro spirito d’iniziativa, la nostra responsabilità sociale, la nostra solidarietà e la nostra attenzione per l’ambiente e la realtà in cui viviamo.
Lo sanno bene i nostri anziani. Lo sa chi opera ogni giorno per garantire il benessere di questo Paese e dei suoi abitanti. Tocca ora anche ai giovani – con gratitudine nei confronti di quanto abbiamo ricevuto – proseguire nel solco tracciato evitando di snaturare o sminuire questo incredibile modello svizzero.
Non possiamo nasconderlo. Anche il nostro Paese vive delle difficoltà. Anche nelle nostre comunità non tutto è perfetto. I problemi ci sono e vanno affrontati. Penso alla disoccupazione, soprattutto tra i giovani, penso alle sfide legate alla mobilità e alla tutela dell’ambiente, penso alla sicurezza.
Questi problemi non hanno soluzioni facili e immediate. Non tocca solo al Comune, al Cantone o alla Confederazione risolverli. Questo approccio è riduttivo e troppo semplice. È l’intera comunità che – facendo riferimento a quei valori e quelle abitudini che hanno fatto grande la Svizzera – si deve impegnare quotidianamente alla ricerca di soluzioni che creano benessere e garantiscono qualità di vita. Tocca a tutti noi: impegnati nelle Istituzioni, in organizzazioni e associazioni, attivi nell’economia privata e cittadini di questo Paese.
Non lo devo dire a voi, signore e signori che mi ascoltate e avete capito il significato della festa nazionale, che dobbiamo essere orgogliosi di essere svizzeri, di essere gli attori centrali di un modello vincente, di essere i protagonisti di uno Stato che in questo momento di tempesta internazionale viaggia solido in equilibrio e ha i mezzi per costruirsi il futuro.
Occorre diffondere in maniera costruttiva questo importante sentimento. Dobbiamo farlo per trovare, forse ritrovare, la capacità di valorizzare le nostre forze e le nostre potenzialità. Capire le nostre responsabilità in ogni azione quotidiana. Dobbiamo riuscirci per evitare che i nostri problemi si aggravino eccessivamente e raggiungano livelli preoccupanti come chi ci sta attorno. Dobbiamo farlo per evitare di fermarci oppure perderci in inutili titubanze.
E nella Svizzera di oggi e in un mondo che vive cambiamenti epocali occorre riflettere ed intervenire in particolare su due tendenze:
dobbiamo sconfiggere la dilagante tendenza alla “polemica facile”, al “pessimismo” e alla “passività”;
e dobbiamo comprendere che siamo tutti responsabili del Paese che viviamo e che vivremo.
Quando parlo di “polemica facile”, di “pessimismo” e “passività” penso a quella tendenza in espansione a criticare tutto, a leggere ogni situazione come difficoltà insuperabile, a vedere costantemente solo gli aspetti negativi e a credere che chi cerca di affrontare il problema – in generale la politica – non cerchi reali soluzioni, ma lavori egoisticamente per soddisfare i propri interessi. La Svizzera non cresce grazie alle contrapposizioni. Le soluzioni hanno bisogno di compromessi.
Stare fermi, criticare, subire passivamente quanto accade, attendere che un “non identificato qualcuno” porti soluzioni è certo più comodo. Ma i problemi non si risolvono in questo modo, come in una famiglia anche in uno Stato. La mente si apre alla critica e la polemica trova gioco facile. Se domani tutti ci fermassimo e attendessimo che qualcosa si muova, la Svizzera si fermerebbe, perché la Svizzera è collettività (tutti noi) e impegno comune dall’alto verso il basso. Se vogliamo vedere aumentare i consumi, diminuire la disoccupazione, tutelare maggiormente il territorio, dobbiamo metterci in gioco tutti, in ogni nostra azione.
La Svizzera in cui io credo è fatta di tanti uomini e donne, anziani e giovani che prendono in mano le proprie responsabilità – perché ricordiamoci che nessuno ne è privo – e che ogni giorno si impegnano per il presente e il futuro.
È proprio questo che fecero i Padri fondatori della Svizzera, leggendo nell’impegno attivo e comune la via per gestire momenti difficili e costruire uno Stato vincente.
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Avviandomi verso la conclusione, permettetemi ancora una prima impressione sul mio impegno a Berna quale consigliere nazionale.
Tra le numerose sfide aperte, in occasione del 1° agosto, vale la pena citarne una: il posizionamento e il ruolo del Ticino nella Svizzera moderna.
In occasione di un recente dibattito televisivo sulla rete nazionale svizzero-tedesca, una consigliera nazionale del Canton Berna è improvvidamente riuscita a paragonare il Ticino all’alto Vallese, la valle di Goms. A suo dire, anche questa regione periferica di montagna, è marginale, piccola e non collegata all’altopiano via autostrada e in inverno talvolta si trova isolata dal resto del Paese. Nel pieno rispetto dell’alto Vallese e dei suoi simpatici abitanti, abbiamo la conferma che – pericolosamente – nel nostro Paese si sta diffondendo un’immagine distorta della geografia (sociale, politica, economica e culturale) nazionale, tremendamente “Zurigo-Berna-Basilea centrica”.
Il Ticino non è un’appendice dello Stato centrale, una regione montana, discosta e soprattutto marginale a sud delle Alpi. Il nostro Cantone ha una propria collocazione legittima e strategica nella Svizzera, sia nel tessuto socioeconomico elvetico sia nella rete dei transiti a livello nazionale ed europeo. Siamo poi un elemento centrale e peculiare della Svizzera federalista e multiculturale. Come disse Giuseppe Motta, già consigliere federale (in carica dal 1912 al 1940): “Il Ticino senza la Svizzera sarebbe diminuito e snaturato, la Svizzera senza il Ticino mutilerebbe il proprio ideale nazionale”.
Un’affermazione che resta ancora attuale a quasi cent’anni di distanza e che deve farci comprendere l’esigenza di affermare costantemente il ruolo del Ticino quale parte integrante e fondamentale della Svizzera moderna. Solo un Ticino unito e consapevole delle proprie specificità potrà affrontare questa impegnativa e incessante sfida.
Oltr’alpe (e forse – temo – anche nello stesso Ticino) si sottovalutano elementi quali la specificità e l’unicità della nostra struttura economica ticinese, la nostra adiacenza alla Lombardia (10 milioni di abitanti) e la nostra posizione strategica nel corridoio di transito nord-sud europeo (la via delle Genti).
Il Ticino è una realtà per certi versi a sé stante nei confronti delle principali regioni urbane della Svizzera, ma per sua natura storico-culturale e sua posizione geografica è un elemento centrale nella Svizzera moderna.
Vi invito quindi a curare, durante tutto l’anno e in ogni attività, i valori autentici del nostro Paese, il grande lavoro di chi ci ha preceduto e la necessità di impegnarci tutti, ognuno nel proprio ambito, a favore del Paese che ci ha visto nascere e che ci ospita. La Svizzera è unica ed eccezionale.
Viva Coldrerio! Viva il Ticino! Viva la Svizzera! Buon 1° d’agosto!