Si discuterà oggi in Consiglio nazionale il disegno di legge volto a consentire la diagnosi genetica preimpianto per bambini concepiti in vitro. Il tema è estremamente complesso e sensibile. I progressi della scienza sono notevoli e le odierne conoscenze permettono importanti interventi in materia di procreazione assistita e di screening genetico. A favore dell’introduzione, Consiglio federale e mondo scientifico adducono la legittima volontà e possibilità di aiutare le coppie con problemi di fertilità a realizzare il sogno di generare un figlio: grazie alla diagnosi preimpianto con grande probabilità un figlio sano.Il mondo scientifico corre a una velocità incredibile e gli interessi finanziari in gioco sono enormi. Le argomentazioni sono chiare. Occorre “aprirsi” e “sfruttare” le opportunità date. La diagnosi preimpianto (DPI) – detta anche diagnosi genetica preimpianto (DGP) – è un’analisi genetica degli embrioni da fecondazione in vitro, effettuata prima di impiantare in utero. Serve a individuare malattie gravi e può portare alla decisione di non impiantare gli embrioni. Va rilevato che la legislazione Svizzera – alla pari di quella italiana e austriaca – è oggi molto restrittiva in materia. In sostanza, medici e scienziati oggi sanno e possono fare tanto, ma in Svizzera molte pratiche sono vietate.
Quale cittadino-politico, non scienziato, mi trovo – ammetto con grande difficoltà – a dovermi confrontare con gli aspetti tecnici, ma soprattutto con i risvolti umani e sociali di tali decisioni. Sorgono immediatamente domande tanto semplici quanto “pesanti”: avere un figlio è un diritto di tutti? Esiste un diritto ad un figlio sano? Esiste un diritto ad avere un figlio a qualsiasi età? Il quadro legislativo deve correre a velocità pari alle possibilità scientifiche? L’evoluzione scientifica eliminerà a lungo termine le malattie genetiche e i diversamente abili? Passo dopo passo liberalizzeremo pratiche eugenetiche, il bambino sano-bello-forte su misura?
La discussione è quindi ampia e ogni decisione ha risvolti significativi sulla società. Personalmente, senza misconoscere l’evoluzione scientifica, ho deciso di oppormi al disegno di legge proposto dal Governo e in seguito – a conferma della difficoltà a “porre limiti” – già allargato dal Consiglio degli Stati, che ha trattato in prima battuta la riforma.
Voterò la non entrata in materia per frenare un vortice tanto difficile da controllare quanto rilevante per l’evoluzione futura della società. Le risposte alle domande citate in precedenza impongono prudenza. Anche se molto moderato e comunque ancora restrittivo, il progetto di legge in discussione aumenterà la pressione sociale su donne e coppie a mettere al mondo figli “sani” e “produttivi”, per di più a qualsiasi età. La competente Commissione del Nazionale propone poi di inserire le basi legali per selezionare un cosiddetto «bambino salvatore» (“baby-retter”), un embrione per la donazione di tessuti a fratelli malati. In sostanza un “essere umano cavia”. Il fatto che una tale proposta entri dalla finestra in un dibattito tanto importante evidenzia quanto sia difficile porre limiti nell’utilizzo della diagnosi preimpianto e come nella società regni una crescente mercificazione della vita umana.
I lavori preparatori nella competente commissione lasciano presagire che una maggioranza del Parlamento sarà comunque a favore della riforma. Il processo legislativo è ancora nella sua fase iniziale. Grazie alla nostra democrazia diretta si passerà da una votazione popolare perché che sarà necessario modificare la Costituzione federale. Sarà quindi necessario battersi per una riforma molto restrittiva. Non contro il progresso scientifico e la genetica, ma a favore del valore della vita e nel rispetto della natura umana. Avere un figlio non è un diritto. Avere un figlio sano nemmeno.
Opinione pubblicata su Giornale del Popolo, 03.06.2014