L’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” utilizza un colpo di cannone per uccidere un’ape (per restare in tema con il dibattito di ieri). Sparando, molto verosimilmente, ucciderete l’ape, ma tacete, o non comprendete, le conseguenze del colpo su tutto quanto sta attorno. Gli effetti collaterali saranno pesanti e la presunta soluzione espone a gravi pericoli la Svizzera.
Per la Svizzera, introdurre e regolare la migrazione con contingenti, significa sparare irrimediabilmente sulla via bilaterale, che ci pone in una condizione d’eccezione nei rapporti economici con i Paesi europei. Quale conseguenza generale, con la messa in discussione della via bilaterale, si aprirebbe un vortice di discussioni e forzature che potrebbe aprire le porte all’entrata nell’Unione Europea, realtà in pesante crisi economica e istituzionale. L’isolazionismo d’altro canto è pura utopia, distruttiva per il nostro benessere economico e inapplicabile nella quotidianità. Una terza via ad oggi non è nota e i promotori dell’iniziativa non sono in grado di indicarla. Teniamoci la via bilaterale, cerchiamo di gestirla al meglio, e non scherziamo con il fuoco.
Questa iniziativa popolare va respinta, ma la discussione offre comunque l’opportunità di richiamare la necessità di agire, di controllare e, nei limiti del possibile, di limitare la libera circolazione delle persone. Gli spazi di manovra sono dati, non c’è bisogno di “cannonare” il sistema. E’ una questione di responsabilità di tutti gli attori in campo.
Invitando il Parlamento a respingere l’iniziativa e a raccomandarne al Popolo la non accettazione, mi appello a voi invitandovi a comprendere la necessità di agire a sostegno della situazione tesa nelle regioni di frontiera. La Svizzera e il Ticino hanno bisogno di misure pratiche, realizzabili e forti per gestire e controllare meglio la libera circolazione delle persone. Lo stesso vale per la libera prestazione di servizi. Introdurre contingenti pare la soluzione a tutti i mali, ma in realtà non risolverebbe i problemi reali. Gli effetti negativi sarebbero nettamente superiori ai presunti benefici, tutti da dimostrare.
Tocca al Consiglio federale, con la SECO e l’Ufficio federale della migrazione, collaborare con maggiore intensità ed efficacia con i Cantoni affinché siano applicate regole strette e uniformi in tutto il Paese. Gli accordi sono dati, vi è margine per un’applicazione maggiormente capace di tutelare il mercato interno. Questo margine non è sufficientemente preso in considerazione. Colleghe e colleghi, se non rispondiamo con atti concreti, offriamo sostegno indiretto ad iniziative come queste. E’ ora di smetterla di dire che tutto va bene, le medie nazionali non rispecchiano le situazioni contingenti di difficoltà. Affrontiamo i problemi e non avremo bisogno di una politica di contingenti che distrugge la via bilaterale.
Penso a un migliore controllo dei permessi e ad un maggiore rigore nel rilascio, penso alla necessità di eliminare situazioni di evidente vantaggio concorrenziale per lo straniero, penso a misure di accompagnamento a contrasto del dumping salariale (non salari minimi generalizzati, ma salari vincolanti per settore), penso a misure nel mondo della formazione per riportare gli svizzeri ad occupare settori professionali dimenticati. Gli spazi di manovra sono dati, occorre sfruttarli fino in fondo.
Ma non è solo responsabilità della politica, imprenditori e attori economici svizzeri, assumetevi le vostre responsabilità, nel presente e nel futuro. Il comportamento delle imprese e degli operatori locali è fondamentale nella difesa del mercato interno e dell’occupazione indigena. Privilegiare il consumo interno, privilegiare l’assunzione di manodopera locale, privilegiare ditte locali è già oggi possibile, tocca ad ognuno di noi dare il proprio contributo.
Intervento in Consiglio Nazionale, 20.06.2013