Conciliare famiglia e professione è oggi una sfida che rappresenta crescenti difficoltà. Non si tratta di uno sfizio o di eccessiva emancipazione, ma è una realtà dettata dalla trasformazione della società. Il mondo del lavoro ‘chiede sempre più’, i nuclei familiari si sfaldano, il livello generale dei redditi cala e nel contempo il costo della vita cresce. A tutti e in tutti gli ambiti è chiesto uno sforzo aggiuntivo. Non si scappa. I contrari al nuovo articolo costituzionale sulla politica familiare, in votazione il prossimo 3 marzo, invitano a respingere la proposta affermando – in maniera errata e demagogica – che funge da fondamento per una ‘educazione di Stato’, che condurrà a ‘obblighi di frequenza negli asili nido’ e che un’accettazione rappresenterà la ‘fine del modello tradizionale di famiglia’. Si tratta di argomenti inconsistenti e di paure infondate.
Votare sì il prossimo 3 marzo significa inserire finalmente nella Costituzione un articolo dedicato completamente alla famiglia. Norme simili relative ad altre politiche settoriali (congiuntura, sanità, anziani, giovani, formazione, sport ecc.) sono già da tempo iscritte nella nostra Magna Charta.
La nuova base costituzionale rappresenta un articolo mantello che condensa le sfide e funge da linea direttrice a sostegno di una politica familiare moderna ed efficace. La conciliabilità lavoro-famiglia implica un impegno di numerosi attori. Serve un approccio costruttivo e diffuso nella popolazione, ma soprattutto sono necessarie strutture (asili nido, dopo-scuola ecc.) messe a disposizione in maniera sussidiaria da attori privati, Comuni e Cantoni.
Al centro della discussione non vi è quindi una questione ideologica. Vi sono le famiglie che vivono oggi la Svizzera e i figli che rappresentano il domani del nostro Paese. Il modello di famiglia tradizionale è ( purtroppo!) in crisi, il tasso di natalità per coppia è in forte calo, l’immigrazione cresce. Le problematiche sono reali e meritano un approccio razionale.
Solo il 27% delle famiglie è composto da due coniugi, in cui solo l’uomo svolge un’attività professionale. Il 77% delle madri ha oggi un’attività lucrativa, non sempre per puro diletto o soddisfazione personale, ma per reali necessità finanziarie. Spesso le condizioni di lavoro sono sfavorevoli e non adeguate alla formazione professionale acquisita dalla donna. Preoccupante è che il 20% delle donne (il 30% delle accademiche) rinunci ad avere un figlio perché non riesce a conciliare un’attività professionale connessa al livello di formazione raggiunto.
I bambini non dovranno andare obbligatoriamente all’asilo nido e la loro educazione non sarà statalizzata. Le famiglie avranno la libertà di scelta sull’impostazione da dare alla propria vita coniugale e alla crescita dei figli. Sarà sempre la coppia o il singolo genitore a scegliere autonomamente come impostare la propria vita. Solo con l’introduzione di questo principio nella Costituzione si garantisce a tutti il diritto all’indipendenza economica, la possibilità di formarsi e di partecipare alla vita comunitaria. Serve un’adeguata offerta di strutture per sostenere le famiglie e conciliare famiglia e lavoro. L’alternativa sono costi sociali immensi e una Svizzera senza figli.
Opinione pubblicata su La Regione Ticino, 26.02.2013