L’iniziativa popolare «Accordi internazionali: decida il Popolo», in votazione il prossimo 17 giugno, prospetta maggiore autonomia, autodeterminazione e democrazia nella politica estera svizzera. Non sarà purtroppo così, il titolo è allettante, ma molto fuorviante. L’iniziativa creerà infatti numerose complicazioni negli importanti rapporti economici tra il nostro Paese e il resto del mondo. Già oggi tutti gli accordi internazionali siglati dalla Svizzera sono democraticamente legittimati dal Parlamento e, se richiesto da 50’000 cittadini o otto Cantoni, devono essere messi al voto. I diritti popolari, nella fattispecie il diritto di referendum facoltativo, sono quindi garantiti, tanto che nelle occasioni fondamentali i cittadini sono stati chiamati al voto (si pensi alla votazione sullo Spazio economico europeo o a quella sull’adesione all’ONU). Non facciamoci quindi abbindolare dalla promessa di maggiore democrazia, ma utilizziamo i nostri diritti in maniera ragionata e utile alla Svizzera. L’eventuale accettazione dell’iniziativa rischia infatti di bloccare i rapporti internazionali del nostro Paese, banalizza i diritti popolari, crea costi ingenti e infine, ipotizzo, a causa della crescita e della complessità degli oggetti da votare, allontanerà ulteriormente il cittadino dalla politica.
In effetti, dal 1921, fosse stato in vigore lo statuto proposto dell’iniziati¬va, avremmo dovuto votare su 296 oggetti. Alcuni di questi sono accordi estremamente tecnici, ma comunque fondamentali per specifici rapporti settoriali tra Svizzera e altri Paesi.
Nei fatti, con il referendum facoltativo, abbiamo votato dieci volte e due volte gli accordi sono stati respinti. Se l’iniziativa fosse accettata, cittadine e cittadini svizzeri sarebbero chiamati a votare su una marea di accordi internazionali, molti dei quali difficili da comprendere e quindi facilmente strumentalizzabili, soprattutto da parte di forti gruppi d’interesse. La presunta maggiore democrazia, si trasformerebbe in un esercizio estenuante per i cittadini e in un elemento di pericolo per gli importanti rapporti che legano il nostro Paese al mondo intero.
Il referendum facoltativo odierno rappresenta uno strumento democratico pienamente capace di dare legittimità agli accordi internazionali importanti sottoscritti dalla Svizzera. Ricordiamo inoltre che la Costituzione federale nell’articolo 140 lettera b prevede il referendum obbligatorio, quindi la maggioranza di Popolo e Cantoni, per l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a comunità sopranazionali. L’iniziativa in votazione porterebbe invece il Popolo svizzero a votare obbligatoriamente ad esempio sulla «Convenzione dell’Aia sulla legge applicabile ad alcuni diritti su strumenti finanziari detenuti presso un intermediario». Si tratta di accordi importanti per settori specifici, ma estremamente tecnici.
In conclusione quindi non si può che invitare a respingere l’iniziativa. Il referendum obbligatorio chiesto dall’iniziativa creerebbe una grande insicurezza legislativa, indebolireb¬be la forza contrattuale internazio¬nale della Svizzera, la isolerebbe, ne danneggerebbe l’economia che ha bisogno di accordi internazionali funzionanti e funzionali, e di conseguenza metterebbe in pericolo molti posti di lavoro.
Marco Romano, consigliere nazionale e segretario cantonale PPD Ticino