Il Consiglio federale deve occuparsi della guida strategica e delle decisioni di Stato. Le competenze e responsabilità amministrative sottraggono oggi purtroppo troppo tempo e limitano la capacità strategica del gremio. L’aumento del numero dei consiglieri permetterebbe di ripartire in maniera migliore e più equilibrata le responsabilità dipartimentali, favorendo maggiore coerenza tematica. Gli attuali dipartimenti potranno essere suddivisi e ogni Consigliere avrà un settore d’azione più coerente e limitato. L’efficienza e l’efficacia generale aumenteranno, ottimizzando il lavoro di tutto l’esecutivo. Se la riforma fosse accompagnata anche da un aumento del numero dei segretari di Stato si potrà concedere un supporto migliore, sia nei rapporti con l’estero (le crescenti riunioni a livello europeo e mondiale) sia in quelli con il parlamento (discussioni commissionali). Parimenti è auspicabile, a parer mio, un rafforzamento del ruolo del Presidente, con maggiori poteri organizzativi e decisionali, magari per un periodo di due anni.
Passando ad argomenti maggiormente sociopolitici, un Consiglio federale a nove sarebbe un’occasione ottimale per garantire una migliore rappresentatività linguistica e culturale. La Svizzera italiana è assente da troppi anni. Un fatto difficilmente giustificabile in virtù dell’identità stessa della Svizzera, vero mosaico culturale, politico e geografico. Senza la necessità di codificarlo direttamente nella Costituzione e nelle Leggi, in un organo composto da nove persone vi sarà certamente l’opportunità di eleggere con maggiore frequenza un esponente della Svizzera italiana. A contare dovranno però sempre essere le competenze e non esclusivamente le radici culturali e linguistiche.
Riflettendo infine sulla costellazione politica dell’Assemblea federale constatiamo un aumento dei partiti rappresentati. I gruppi parlamentari sono aumentati. È quindi doveroso riflettere sulla possibilità di ottenere maggiori equilibri e una migliore rappresentatività per il tramite di un aumento del numero dei membri del Governo e di conseguenza delle forze politiche attive anche nell’esecutivo.
Tornando alla presenza svizzero italiana nel Governo federale – sia con sette, sia con nove membri – se le discussioni politiche cantonali saranno sempre contraddistinte da diatribe partitiche, resteremo ancora per decenni a guardare. Meglio piuttosto fare di tutto, senza sterili divisioni cantonali, per fare in modo che, se anche il Consiglio federale dovesse restare di sette membri, il Ticino abbia sempre un candidato vincente da proporre e da far eleggere.
Marco Romano
Consigliere nazionale e Segretario cantonale PPD