Prima di disquisire di pregi e di difetti del piano cantonale dei rustici (PUC-PEIP) vorrei capire quale sia l’incidenza sul territorio e soprattutto sul costruito. Il piano definisce i perimetri entro i quali è possibile eseguire un cambiamento di destinazione di vecchi edifici meritevoli di conservazione, quindi i rustici ticinesi caratteristici non ancora trasformati o abbandonati (salvo eccezioni, non i diroccati). Nelle norme di attuazione vengono poi stabilite le regole edilizie per la trasformazione. Chi è proprietario di un qualunque altro edificio fuori dalla zona edificabile (sia esso all’interno o all’esterno dei perimetri del PUC) può comunque mettere mano al proprio manufatto sistemandolo attraverso le usuali regole del fuori zona.
Il significato e gli effetti del PUC-PEIP sono tuttavia di piú ampio respiro. Attraverso questo strumento si sancisce l’obbligo di curare e conservare il territorio che circonda i nuclei meritevoli di conservazione. Si potrebbe disquisire a lungo sulla rigidità di Berna nel regolamentare la questione. È pacifico infatti che il nostro tessuto costruito è completamente diverso da quello delle campagne dell’Altipiano. Di conseguenza le regole che funzionano lassù non stanno in piedi alle nostre latitudini. Una masseria della campagna bernese è ben differente da una modesta stalletta sugli alpi ticinesi. Dobbiamo però prima di tutto essere realisti e fare un po’ di autocritica. Se Berna sembra essere sorda alle nostre lamentele è soprattutto perché la problematica negli ultimi anni è stata sottovalutata anche a livello cantonale. Il proliferare di ristrutturazioni selvagge, baracche, cinte, terrapieni, strade e altri abusi (in diversi casi pure autorizzati o in ogni caso perlomeno tollerati dall’autorità) non ha certo reso la vita facile a chi è andato a Berna a cercare di far capire che occorreva costruire per il Ticino una regolamentazione diversa.


Come uscirne adesso? Innanzitutto partendo da ciò che di buono ha questo PUC. L’obbligo di curare il territorio è per i comuni e per il cantone un’opportunità, non una forzatura. Dobbiamo riscoprire la montagna e le sue peculiarità. Dobbiamo costruire un progetto di paesaggio. Non un Ballenberg statico, ma un paesaggio vivo e dinamico. Le possibilità ci sono, i mezzi finanziari in parte ci sono e altri sono in discussione in Gran Consiglio. Sulle nostre montagne, nascosti dalla macchia boschiva, si annidano presenze paesaggistiche magnifiche. Testimonianze storiche e culturali, scorci magnifici sul piano e sulle vette circostanti. Alpi in disuso che con appropriati collegamenti potrebbero tornare a essere dei motori economici per le zone interessate. In questo progetto di territorio potremo finalmente inserire il tema dei rustici: cosa vogliamo farne? Qual è il loro ruolo nel paesaggio? Come vogliamo trasformarli affinché valorizzino ulteriormente il paesaggio e non lo deturpino? Ecco, solo a questo punto potremo andare a Berna portando nostre rivendicazioni chiare e particolari.

Il progetto “Paesaggio Ticino” potrebbe diventare un vettore economico importante per il nostro cantone. Le regioni periferiche interessate oggi soffrono per la mancanza di investimenti e di attrattiva. Attraverso il tema del territorio, risorsa fondamentale assieme alle acque, si possono rilanciare le nostre valli. Il recupero del territorio nei paesaggi alpini non è un tema nuovo in assoluto, ma lo è alle nostre latitudini. Possiamo e dobbiamo andare a Berna a rivendicare un’attenzione particolare nei confronti del piano cantonale dei rustici, ma quale premessa e fondamento dobbiamo costruire un progetto serio di territorio che sia rispettoso della storia del nostro Cantone e dei principi dello sviluppo sostenibile. I rustici sono un’opportunità, non un tema di scontro.

Marco Romano

candidato PPD+GG al Consiglio nazionale