Il 27 settembre prossimo sarà una domenica chiave per la politica familiare. Al voto giungono due oggetti federali dal forte contenuto pratico per le famiglie elvetiche. Non dimentichiamo che da anni diminuisce il numero di figli per coppia e che la società tende ad un, a mio giudizio, preoccupante individualismo. Sono dinamiche perniciose per chi crede ancora in una società costruita su relazioni stabili e orientate a crescere dei figli in un’ottica di responsabilità individuale e sussidiarietà.
Avere figli comporta sforzi finanziari e organizzativi maggiori, da sempre e per sempre. La quotidianità corre tuttavia costantemente più veloce. Le esigenze su tutti i fronti si moltiplicano e con esse la pressione. Il medio termine è imprevedibile. Molti padri desiderano vivere il proprio ruolo in maniera differente a modelli patriarcali del secolo scorso; mentre il ruolo della donna evolve rapidamente con dinamiche positive, sempre confrontate a notevoli sfide per la parità.
In questo contesto si inserisce la proposta di un congedo paternità minimo garantito a livello nazionale per tutti. Finalmente, dopo anni di discussioni e un’iniziativa popolare – in un contesto internazionale che giustamente già vive dinamiche di congedo parentale – grazie alla capacità del PPD di trovare compromessi pragmatici e sostenibili per le varie componenti della società, si codificano due settimane per tutti utili all’accudimento dei figli. Un segnale chiaro a favore di chi crede nella famiglia, quale cellula dinamica che assume responsabilità, genera plusvalore per la società e chiede il giusto riconoscimento da parte dello Stato. Un onere organizzativo e finanziario sopportabile per il tessuto economico, in buona misura già più avanti delle due settimane previste dal decreto federale.
Nel contempo, il Popolo potrà confermare – sempre con un SI – una decisione solida e utile presa dal Parlamento nel 2019 e contestata via referendum dalla sinistra che per l’ennesima volta antepone argomenti ideologici a una visione pragmatica della politica familiare. Il Parlamento ha deciso di rafforzare le deduzioni fiscali a favore delle famiglie nel quadro dell’imposta federale diretta. La decisione prevede la possibilità di dedurre fino a 25’000 franchi di costi effettivi per figlio all’anno per l’accudimento presso terzi (oggi siamo a 10’100); rispettivamente di aumentare globalmente la deduzione per figli da 6’500 a 10’000 franchi. Questi correttivi andranno a beneficio di 900’000 famiglie alleggerendo il carico fiscale a tutto beneficio di altri costi che continuano a salire, in primis quelli della salute e degli affitti. Ogni deduzione fiscale, anche marginale, genera maggiore capacità di acquisto e predisposizione ad investire.
Affermare che questa riforma non è corretta perché il 44% delle famiglie non paga l’imposta federale diretta è svilente per il ceto medio. Chi non paga imposte, già beneficia di sostegni diretti per diminuire i premi di cassa malati, gode spesso di tariffari sociali per l’accudimento di figli o di sostegni nell’alloggio. Il ceto medio, chi lavora e paga imposte, quasi sempre si trova in quella fascia caricata di notevoli costi, confrontata alla necessità di assumersi tutte le responsabilità e tutti gli oneri, senza godere di sostegni diretti da parte dello Stato. Ogni deduzione fiscale è quindi un atto utile e concreto: 900’000 famiglie sono almeno 900’000 figli della Svizzera di domani. Non dimentichiamo infine che mitigando la progressione fiscale aumenterà ulteriormente il numero di donne disposte a lavorare e di conseguenza potremo diminuire la necessità di personale straniero. L’immigrazione “si combatte” valorizzando il potenziale di manodopera interno, migliorando la formazione e la conciliabilità lavoro-famiglia, non gettando al vento la via bilaterale che ci permette di intrattenere un rapporto privilegiato fuori dall’Unione europea.
Opinione pubblicata su Corriere del Ticino, 14.08.2020