Tutto va sempre più veloce. Quest’accelerazione coinvolge praticamente ogni ambito della nostra società e di conseguenza anche il mondo del lavoro. Si cita continuamente la digitalizzazione, ma di fatto il fenomeno è più ampio. L’accelerazione rende gli equilibri sempre più instabili. Non tutti hanno “il ritmo” o le competenze per “stare al passo”. Simili dinamiche creano evidentemente scompensi e distorsioni. A subirne le conseguenze sono soprattutto gli attori meno forti del sistema; personalmente detesto l’uso della definizione “più deboli”. Le statistiche lo confermano in maniera ineluttabile: tra i giovanissimi e i lavoratori over 50, i dati della disoccupazione e dell’assistenza evidenziano cifre fuori dalla media.
Chi si presenta sul mercato del lavoro con carenze formative o con difficoltà a rispondere alle accresciute esigenze imposte e chi perde il lavoro dopo i 50 anni fatica maggiormente a trovare soluzioni adeguate. I primi non trovano la giusta collocazione con il rischio, dopo vari tentativi falliti o senza una formazione terminata, di dipendere dallo stato sociale sin dalla giovane età. I secondi non riescono a ricollocarsi nel mondo del lavoro, ricadendo nella categoria dei disoccupati di lunga durata. Le cifre parlano chiaro e mi preoccupano.
Globalmente il mercato del lavoro ticinese conosce problemi e fenomeni più acuti rispetto al resto del Paese. Le cause sono molteplici. Da citare sicuramente ci sono l’evoluzione della cultura imprenditoriale che perde valori e radicamento nel territorio in cui opera e la prossimità con l’Italia che conosce condizioni socio-economiche molto differenti da quelle svizzere.
In un mondo ideale il partenariato tra le parti sociali – datori di lavoro e forze sindacali – dovrebbe fornire risposte adeguate. Di fatto, l’odierno contesto e le distorsioni createsi, impongono un intervento sussidiario da parte dello Stato.
A livello federale, Berna deve dare ai Cantoni gli strumenti e i mezzi affinché possano controllare e intervenire laddove il partenariato sociale non genera soluzioni. In tal senso va anche una mia proposta presentata tramite un emendamento e approvata dal Parlamento, grazie alla quale sono state semplificate le condizioni per la proroga dei contratti normali di lavoro con salario minimo fondamentali in Ticino in alcuni settori che conoscono gravi situazioni di dumping salariale.
Per i giovani in difficoltà ad entrare e a restare nel mondo del lavoro servono progetti mirati. Utili sono le collaborazioni tra ente pubblico e privati. Per esempio in progetti che accompagnano con un coaching individuale e con sostegni formativi i giovani che si trovano in difficoltà durante l’apprendistato o nella ricerca di un datore di lavoro al termine della formazione professionale. Servono sostegni puntuali e coordinati per chi, per difficoltà di varia natura nel trovare la “strada giusta”, fatica a gestire il delicato momento di transizione tra la conclusione della formazione professionale e l’entrata definitiva nel mondo del lavoro.
Per gli over 50 ritrovare un impiego rappresenta una sfida enorme e spesso costosa a livello finanziario e umano. Vi sono molti datori di lavoro sensibili alla situazione, ma i costi salariali non indifferenti complicano il tutto. Anche in un mondo “accelerato” la dignità della persona e il valore del lavoro e dell’esperienza meritano rispetto e sostegno. È quindi fondamentale che nei Cantoni – molti l’hanno fatto, altri come il Ticino su spinta del PPD stanno iniziando – si prevedano misure specifiche utili ad incentivare l’assunzione di cinquantenni. Penso al rafforzamento degli assegni di inserimento professionale che vanno a compensare il costo effettivo del lavoratore a beneficio dell’azienda. Questi vanno modulati in base all’età del disoccupato e garantiti su periodi più lunghi.
Incentivare l’assunzione di over 50 e aiutare giovani che faticano è tanto una necessità quanto un’opportunità per ritrovare equilibri fondamentali sia nel tessuto economico sia nella società. L’accelerazione globale è già in atto, facciamo in modo che chi fatica riceva il giusto sostegno e aiuto per non finire ai margini della società.
Opinione pubblicata su “Il Lavoro”, 19.09.2019