La politica climatica non si limiti a slogan e azioni simboliche. Agli scioperi e agli striscioni devono seguire atti concreti e realizzabili nei differenti livelli istituzionali. Il cambiamento climatico è realtà. Sulle cause e sugli sviluppi anche il mondo scientifico è diviso. Nella quotidianità abbiamo tutti ampi margini per assumere atteggiamenti maggiormente orientati alla responsabilità e alla sostenibilità. Servono poi senz’altro nuove politiche, ma occorre anche riconoscere quanto già realizzato negli ultimi decenni. La politica climatica non è un’invenzione del 2019, non deve essere un dogma e non è monopolio di pochi eletti. Il PPD è al fronte da decenni, basti citare l’articolo costituzionale federale per la protezione dell’ambiente inserito nel 1971, la svolta energetica promossa da Doris Leuthard e l’impegno per la mobilità elettrica. Il margine di manovra resta ampio.
Con questo spirito, nella sessione estiva delle Camere federali ho inoltrato due postulati elaborati con specialisti del settore. Il primo invita il Consiglio federale ad attivarsi a rilanciare un piano nazionale di “educazione ambientale” nelle scuole obbligatorie. Il secondo sprona a valutare tutte le possibilità legislative utili a limitare e dove possibile vietare l’utilizzo di plastiche monouso.
Nel rispetto dell’autonomia cantonale e dei numerosi progetti già in essere nelle scuole, la Confederazione ha l’obbligo di analizzare il quadro generale per rafforzare un concetto trasversale di sensibilizzazione e formazione per l’infanzia e l’adolescenza in materia di rispetto dell’ambiente e di uso parsimonioso e cosciente delle risorse. Educare concretamente allo sviluppo sostenibile nella quotidianità, forma nuove generazioni più attente alla sfida ambientale e alle possibilità tecnologiche oggi date.
Un ambito molto rilevante e con ampi margini di azione (non sempre necessariamente “forzati” dallo Stato) è poi l’utilizzo intelligente e lo smaltimento delle plastiche. In molti Paesi imperversano politiche proibizioniste, tutte da verificare. Porre una forte limitazione all’utilizzo della plastica monouso nella quotidianità, laddove esistono alternative migliori, è un atto opportuno e ragionevole. In Svizzera si stanno positivamente sviluppando numerosi progetti a livello locale. Abbiamo la consapevolezza che la plastica monouso è dannosa per l’ambiente e tecnicamente ci sono varie soluzioni alternative. È possibile sostituirla in particolare durante le manifestazioni pubbliche e nel commercio al dettaglio (packaging) ad esempio con prodotti biodegradabili compostabili. Per gli imballaggi nel commercio al dettaglio il più delle volte il consumatore non ha ancora molte alternative, benché sul mercato esistano varie possibilità. Al contrario nell’ambito di eventi e di situazioni di vita privata comune il mercato offre già valide alternative con prodotti a minore impatto ambientale. Purtroppo non ancora tutte le tecniche sono mature e prive di problemi, ma ponendo vincoli severi alla plastica monouso l’industria e il commercio al dettaglio accelereranno nel trovare alternative sostenibili all’enorme quantità di plastica in circolazione. Molti Comuni e Cantoni stanno già agendo, un rapporto nazionale permetterà di agire in maniera coordinata ed efficacie, orientando chi necessita di una spinta.
Opinione pubblicata su Corriere del Ticino, 27.09.2019